Ho accolto con molto piacere l’invito del contest rivoltami da Cucina Semplicemente in collaborazione con i Grandi Molini Italiani , con tematica principale rivolta alla tradizione casalinga : ovvero I lievitati della nonna, recupero dei saperi e dei sapori di un tempo.
Quando si parla di ricette della tradizione casalinga e di lievitati legati ai ricordi della nonna , la prima ricetta che mi viene in mente è la Pinza dell’Epifania.
Ricordo che ero piccina , mi sedevo accanto a nonna Ermenegilda e ascoltavo con molto interesse tutti suoi racconti e tutte le sue ricette .
La pinza è un dolce molto antico , sembra che la sua origine risalga al oltre duemila anni fa e a diffonderlo sono stati i primi cristiani.
Poco dopo la resurrezione del Signore, quando cominciarono a formarsi i primi gruppi di cristiani, i loro componenti si incontravano ogni domenica e le feste più importanti erano legate ai principali avvenimenti della vita di Gesù.
Ecco allora le grandi feste di Natale, di Pasqua, della discesa dello Spirito Santo , tutte feste legate a cerimonie particolari.
A Natale i primi cristiani portavano nelle chiese del pane dolce. Si trattava di grandi pani confezionati con farine di più cereali , addolciti con granelli di uva passa, pezzi di frutta e semi aromatici .
Venivano portati in chiesa per la Messa di Natale per essere benedetti e poi venivano donati alle autorità, ai sacerdoti, ai parenti. E il giorno di Natale nelle case dei cristiani si mangiava il pane dolce, che era molto simile a questa nostra pinza .
Questa tradizione è tuttora presente in tutta Italia anche se i pani dolci sono diversi da zona a zona . In tutto il Veneto e in parte del Friuli il dolce che trae origine dall’antico pan dolce è appunto la pinza.
La pinza nella nostra famiglia non ero solo il dolce legato all’epifania , ma un vero rito da accompagnare al falo’ ( casera nella mia zona ).
Sembra che l’usanza del falò risalga a riti pre-cristiani: i Celti infatti accendevano dei fuochi per ingraziarsi la divinità relativa e bruciavano un fantoccio rappresentante il passato. Rimasta intatta come rituale da svolgersi nella vigilia dell'Epifania, ancor oggi la fiamma simboleggia la speranza e la forza di bruciare il vecchio (non a caso si può bruciare la "vecchia" posta sopra la pira di legna) e la direzione delle scintille viene letta come presagio per il futuro se le faive le va a matìna, ciòl su'l sàc e và a farina; se le faive le va a sera pàn e poènta a pièn caliera ("se le faville vanno a oriente, prendi il sacco e va a farina; se le faville vanno a occidente, pane e calderone pieno di polenta.
Ogni anno, mentre il fuoco ardeva, gli abitanti del vicinato cantavano degli inni propiziatori per l’anno in corso : e pan e vin – la pinza soto el camìn – i fasjoi par i pori fioi – e pan e vin – poenta e figadei par i nostri putei – capon par i paroni – tabacco ai tabacconi – e vin ai imbriagoni – e pan e vin – ecc.
Traduzione : pane e vino – la pinza sotto il camino – fagioli per i figli – polenta e salsicce ( i figadei sono le salsicce con il fegato) per i nostri bambini - cappone per i padroni - tabacco per i tabacconi e vino per gli ubriaconi, ecc.
Venivano poi citati i nomi delle ragazze in cerca di marito e si chiedevano tanti fidanzati per loro.
Nei racconti di nonna relativi alla pinza ricorreva spesso il numero “sette “.
Per far la festa ci vogliono sette pinze”
. Mangiare sette pinze è un modo di dire che nasce da un’usanza antica della mia zona, si dice che porti fortuna.
Una volta, quando il “ Falo” detto anche “ Casera “ e “ Pan e Vin " si faceva in ogni casa contadina, i giovanotti in età di prender moglie ma che ancora non avevano trovato la ragazza con cui fidanzarsi, andavano ad assistere al fuoco e a cantare in coro in sette case diverse, mangiando in ciascuna una fetta di pinza con le persone di quella famiglia. Si presumeva che in una delle sette case visitate quegli scapoli avrebbero sicuramente trovato la ragazza da sposare. Fino a poco dopo la metà del secolo scorso nelle nostre case di campagna ogni famiglia aveva tanti figli, anche dieci e più, per cui c’erano ovunque ragazze da marito e la sera della “ Casera” era la più indicata per girare per le case e conoscere le ragazze da marito.
Questa è una foto della mia famiglia paterna, scattata ad Annone Veneto (VE ) nel 1942 ; foto a cui sono particolarmente legata :
Il nonno Girolamo, la nonna Ermenegilda e i loro 13 figli . Papà è il terzo in basso da sinistra .
Particolare curioso, lo zio Ruggero era al fronte quindi per non sfalsare il numero dei componenti la famiglia, un vicino di casa si è prestato a farsi fotografare, è il primo in alto a destra
.
Un' altra antica credenza popolare della mia zona dice che la pinza porti una grande fortuna alle ragazze che intendono maritarsi ; per poter usufruire di questa fortuna, bisogna che le ragazze il giorno della befana, vadano a mangiare un pezzetto di questo dolce in 7 case diverse, si dice che il risultato è garantito.
Sempre per questa credenza, un pezzetto di questo dolce veniva avvolto su di un tovagliolo di lino bianco e conservato anche per mesi.
La mia zia Palmira era venuta improvvisamente a mancare pochi giorni dopo la befana e le sue sorelle dopo 4 mesi dalla sua morte , hanno trovato il suo pezzetto di pinza avvolto nel tovagliolo bianco : era ancora intatto e perfettamente conservato.
La nonna Ermenegilda era nata in provincia di Pordenone , si era poi trasferita in provincia di Treviso ed aveva vissuto gran parte della sua vita ad Annone Veneto ; mi raccontava che la sua ricetta della pinza era frutto delle conoscenze che aveva acquisito nei vari luoghi dove aveva vissuto.
Ogni famiglia aveva la sua ricetta segreta che ogni donna tramandava a figlie e nuore.
La "pinza" è senz'altro uno dei dolci più antichi della cucina veneta, ne esistono di diversi tipi, ma tutte hanno come base la farina di mais e la farina 00 ( farina de fior ).
Essendo un dolce povero molto spesso gli ingredienti variavano in base alla disponibilità della dispensa.
Essendo un dolce povero molto spesso gli ingredienti variavano in base alla disponibilità della dispensa.
Un tempo la pinza veniva cotta sulle braci e coperta con delle foglie di verza perché non si bruciasse durante la cottura.
La ricetta che vi presento ora è quella di nonna Ermenegilda , io ho fatto alcune piccole modifiche, ho sostituito le noci con le mandorle ed ho aggiunto dello zucchero a velo e il mio tocco personale.
La nonna si raccomandava : la vera pinza deve essere poco dolce ed avere “ pochi oci” , cioè una fetta di pinza quando la guardi si devono vedere all'interno solo pochi pezzetti di frutta secca .
Il vero segreto per ottenere una buona pinza è la zucca che deve essere di buona qualità, meglio se si tratta di una zucca barucca ( zucca marina di Chioggia ) e di grandi dimensioni.
Il vero segreto per ottenere una buona pinza è la zucca che deve essere di buona qualità, meglio se si tratta di una zucca barucca ( zucca marina di Chioggia ) e di grandi dimensioni.
Ingredienti:
520 gr. di farina Frumenta tipo 1 GMI
150 gr. di uva passa
150 gr. di fichi secchi
I cucchiaio da tè di semi di finocchio
1 piccola mela
½ cubetto di lievito
½ limone
½ arancia
1 cucchiaio di miele
1 cucchiaino di sale
5 cucchiai di zucchero
1 cucchiaio di grappa
150 gr. di burro
100 ml di olio di semi di mais
500 ml di latte
1 fetta di zucca ( circa 380 g
1 foglia di alloro
75 gr. di farina di mais precotta
1 cucchiaio di mandorle tritate grossolanamente
zucchero a velo a piacere
Per il mio tocco personale :
150 ml. di vino moscato
1 cucchiaio di miele d’acacia
Procedimento : in una terrina far sciogliere il lievito con 120 ml di latte tiepido, 1 cucchiaino di sale e 1 cucchiaio di zucchero, aggiungere circa 70 gr. di farina e un goccio d’olio, coprire con un canovaccio e lasciar riposare per circa 1 ora .
Versare in una scodella 150 ml di latte tiepido, aggiungere l’uva passa, i fichi secchi tagliati a fettine, le mandorle tritate e i semi di finocchio e lasciar riposare per circa ½ ora.
Tagliare la zucca a cubotti , avvolgerla in un pezzo di carta alluminio assieme ad una foglia di alloro e farla cuocere in forno . Una volta cotta la zucca eliminate la buccia e raccogliete la polpa in un piatto, schiacciatela con una forchetta per ottenere una simil purea.
Sbucciare e tagliare a fettine sottili la mela, disporre le fettine di mela su di un piatto, coprirle con il succo di ½ limone e un po’ di zucchero.
A questo punto prendere l’impasto di lievito, aggiungere la scodella con la frutta secca ammollata nel latte, la polpa di zucca, il succo e la buccia grattugiata di mezza arancia, un cucchiaio di grappa , aggiungere le fettine di mela e per ultimo lo zucchero rimanente.
Far bollire il latte rimanente con dentro la buccia di limone (aggiungere anche un po’ d’acqua ).
Togliere la buccia di limone, versare la farina di mais precotta, il miele e un goccio d’olio mescolare per alcuni minuti ottenendo così una polentina morbida e lasciarla intiepidire.
Riprendere l’impasto della pinza, versare la polenta , il burro sciolto e l’olio rimanente ed impastare con la farina rimanente.
Trasferire l’impasto in una teglia 32x24 mm. foderata con carta forno , livellare l’impasto con le mani ed infornare per circa 35-40 minuti a 180° ( consiglio di coprire la pinza con della carta alluminio per i primi 15 minuti ) .
Per verificare il punto di cottura fate la prova con lo stecchino .
Una volta cotta estraete la pinza dal forno e fatela raffreddare .
Fate scaldare in un pentolino il vino moscato , appena è caldo stemperate 1 cucchiaio di miele , portate a bollore , poi spegnete il fuoco e fate intiepidire, otterrete un vino moscato composto che andrà ad arricchire i profumi e gli aromi della pinza
.
Questo è il mio tocco personale , ispirato al vin brulè che viene solitamente abbinato alla pinza dell’epifania.
Presentazione :
distribuire sul fondo del piatto alcune gocce di vino moscato composto, depositare sopra la fettina di pinza e spolveratela con uno strato leggero di zucchero a velo.
Abbinamento consigliato : moscato Fior d'Arancio DOCG Colli Euganei
Ricordi della mia infanzia : quando ero bambina, ed abitavo in campagna, tutto il vicinato si riuniva in una famiglia, si accendeva la casera, subito dopo la benedizione dell'acqua in chiesa , si mangiava un pezzettino di pinza , poi si faceva il giro ( si accendevano le casere ) di tutte le altre famiglie del vicinato, e alla fine si decretava la massaia che per quell'anno aveva preparato la pinza più buona . Non c’era nessun premio in palio , solo la soddisfazione di aver preparato la pinza più buona dell’anno.
E’ uno dei ricordi più belli della mia infanzia .
Ricordi della mia infanzia : quando ero bambina, ed abitavo in campagna, tutto il vicinato si riuniva in una famiglia, si accendeva la casera, subito dopo la benedizione dell'acqua in chiesa , si mangiava un pezzettino di pinza , poi si faceva il giro ( si accendevano le casere ) di tutte le altre famiglie del vicinato, e alla fine si decretava la massaia che per quell'anno aveva preparato la pinza più buona . Non c’era nessun premio in palio , solo la soddisfazione di aver preparato la pinza più buona dell’anno.
Ed ora vi posto questo video che ho visto di recente su TPN , ringrazio di direttore Gigi di Meo per averlo proposto e per la collaborazione.
Un documento storico che ci ricorda com’era dura la vita al tempo dei nostri nonni nella campagne venete .
I sottotitoli sono in dialetto veneto, ma le immagini sono eloquenti e parlano da sole.
Con questa ricetta partecipo al contest indetto da Cucina Semplicemente in collaborazione con Grandi Molini Italiani
Molto bello questo post con ricordi di famiglia e di tradizione. Da provare questa pinza.
RispondiEliminaGrazie Francesca. Un abbraccio, Daniela.
Eliminaadoro questo post, ricco di ricordi e sentimenti familiari, questa ricetta è sicuramente da provare! Un abbraccio SILVIA
RispondiEliminaGrazie Silvia . Un abbraccio, Daniela.
Eliminami ha molto appassionata il tuo post, mi sono incantata..e questa ricetta è proprio da provare
RispondiEliminaBellissimo post..pieno di ricordi e tante emozioni!
RispondiEliminaLa ricetta è assolutamente da provare, sembra ottima!
sembra complicato da fare per la quantità di ingredienti,ma mi piace sapere come nasce un dolce,riscoprire le tradizioni antiche
RispondiEliminaNon conoscevo questo dolce, e mi sembra davvero ottima, soprattutto si vede che ci hai messo il cuore proprio cm ti ha insegnato tua nonna ♥
RispondiEliminaUn post pieno di ricordi e un dolce che si fa e si gusta con il cuore :)
RispondiEliminacomplimenti! sembra davvero ottima! io non amo l'uva passa! Cosa posso usare al suo posto?
RispondiEliminaCome scrivevo nel post esistono varie ricette di questo dolce e molto spesso la ricetta variava in base alla disponibilità della dispensa . Alcune ricette proevedono l'uso dei canditi, oppure semplicemente delle scorzette d'arancia candite.Un saluto, Daniela.
EliminaUn lievitato fantastico cara Daniela, quanti bellissimi ricordi legati a questo magnifico dolce! Bravissima!!!
RispondiEliminaUn caro abbraccio e felice serata!
PS ti aspetto al mio contest sui lievitati da colazione! A presto Kiss<3
Laura<3<3<3
Grazie Laura . Ieiri sera ho inserito la ricetta per il contest. Un abbraccio, Daniela.
EliminaComplimenti per questo post...molto bello...brava
RispondiEliminabellissimo questo post pieno di ricordi che danno ancora più gusto e sapore a questo splendido dolce. fai bene a mantenere viva la tradizione, un abbraccio, buona serata
RispondiEliminaTi ringrazio Federica , è vero le ricette legate ai ricordi sono sempre quelle più buone . Un abbraccio, Daniela.
EliminaQuanti bellissimi ricordi racchiusi dentro quest'impasto! Una ricetta bella, buona e ricca d'amore!
RispondiEliminaGrazie Consuelo . Un saluto, Daniela.
EliminaUn bellissimo post complimenti!! E' una cosa molto bella quando un dolce ha non solo degli ingredienti ma anche dei ricordi, lo si fa con più amore e lievita meglio... bravissima!
RispondiEliminaAffascinante la storia di questo dolce, mi ha fatto venire in mente tanti ricordi legati ai miei nonni. Lo proverò...
RispondiEliminaBel post e belle foto.. ma anche se avessi un pezzetto non mi farebbe schifo :D Lo farò sicuramente... voglio assaporare vecchi tempi!
RispondiEliminaChe bella storia e che bei ricordi ti porta questa ricetta.
RispondiEliminaTi tingrazio Grazia. Un abbraccio, Daniela.
EliminaSembra una ricetta molto gustosa e solo a guardare la foto viene l'acquolina in bocca
RispondiEliminabellissimo leggere la storia dei cibi! noi qui in romagna abbiamo la "segavecchia" infatti, una festa che ancora si fa in qualche paese dove alla fine un pupazzo vestito da vecchia viene bruciato ma non sapevo per quale motivo, ti ringrazio!
RispondiEliminaMamma mia sembra davvero buonissima!!! mi viene fame già dalla foto :D
RispondiEliminauna gran bel post e magnifica la torta complimenti
RispondiEliminauna ricetta ricca di emozioni e sentimenti, davvero brava come sempre del resto.
RispondiEliminaLe foto di una volta racchiudono un loro fascino particolare!!! Poi accompagnandole con ricette d'altri tempi che però non passano mai di moda mi fanno pensare a come tutto gira, ma solo le cose genuine resistono nel tempo
RispondiEliminache bella questa storia, adoro le ricette antiche delle nostre nonne, hanno dei sapori unici e gustosi, un post originale Daniela! ;)
RispondiEliminaChe bella la foto e che buona la pinza, avendo origini venete ho anch'io un dolcissimo ricordo di questo dolce. Anche il mio amato nonnino materno si chiamava Girolamo :)
RispondiEliminaUn abbraccio cara e grazie per aver condiviso i tuoi ricordi!!
Bellissimo questo post, splendide le foto di altri tempi e tanto goloso questo dolce... grazie di averlo condiviso!!!!!
RispondiEliminacomplimenti,bello a dir poco è irresistibile,favoloso post,foto e ricetta,quel tocco finale della goccia di vino sotto alla fetta della pinza è un particolare da ripetere spesso,grazie
RispondiEliminapost fatto molto ben con tanta passione e tanto amore. Io la pinza non l'ho mai provata ma leggendo gli ingredienti penso che è sicuramente buona. Bravissima, per tutto :) !!!
RispondiEliminabellissima la foto e commovente i racconti legati a quei ricordi!!!!! come ti capisco...l'ultimo nonno mi è volato via 2 mesi fa....una perdita fortissima.....un pezzo di vita e di storia che mancherà tantissimo.....ma poter avere ancora aneddoti e ricette di un tempo è un dono prezioso che dobbiamo custodire. Questa Pinza dev'essere buonissima!
RispondiEliminaMA che sei brava! Ricetta che copierò assolutamente e subito anche se non credo uscirà un risultato cos' gustoso
RispondiEliminaUn post bellissimo Daniela, e la ricetta è davvero deliziosa! Un bacio
RispondiEliminaChe meraviglia lastoria della pinza, mi piacciono tantissimo le ricette che hanno una lunga tradizione, hanno un qualcosa di diverso, più buono rispetto alle altre.
RispondiEliminaUn dolce fatto con l'amore della tua dolce nonnina cara...che bello..:-))
RispondiEliminaUn bacione a presto felice domenica <3
che bontà
RispondiEliminaMio padre ha lo stesso nome di tuo nonno. Deve essere buonissima. E vuoi vedere qui mie foto di ricette con miele molto particolare o con altri ingredienti della tua ricetta? Se vuoi possiamo seguirci reciprocamente su Blogspot. E sono anche su altre reti sociali.
RispondiEliminaanche io avevo una nonna Ermenegilda, detta Gilda, era la mamma di mia mamma. Purtroppo è morta prima che la conoscessi....A Trieste facciamo la pinza per Pasqua, la nostra è semplice , senza frutta secca . Mi attira molto questa tua ricetta, me la segno !Un bacione P:S: assomigli molto al tuo papà !
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